“La mia bambina non mi mangia!”

Anna è una bambina di quasi tre anni.

Arriva al Nido sorridente e spavalda, senza neppure dare la manina alla mamma. Cammina lungo il corridoio e si ferma sicura proprio davanti al suo armadietto dove appende il cappellino e la giacchetta. Poi si siede e aspetta che le vengano tolte le scarpe e infilate le calze antiscivolo. La sua giornata inizia sotto i migliori auspici e generalmente continua senza intoppi.

La maestra tuttavia sottolinea che ci sono alcuni giochi a cui Anna non si avvicina o attività in cui la bambina si rifiuta di lasciarsi coinvolgere: non ama sporcarsi le mai con il pongo o il didò, non tocca le tempere a dito o le spugnette intrise di colore, detesta la colla liquida.

La difficoltà più grande della giornata di Anna è il momento del pranzo: si comporta in modo naturale recuperando la sua bavaglia e mettendosela al collo, riconosce il suo posto e il suo piatto, permette all’insegnante di riempirle il piatto, ma lei non mangia.

Non si tratta di rifiuto di alcuni cibi particolari: in realtà Anna non mangia se non la pasta bianca e il pane.

Resta a tavola fino a quando gli altri bambini non hanno concluso il pasto e poi, con assoluta tranquillità, si toglie la bavaglia e ricomincia a giocare con i compagni. Ormai sembra la normalità.

La mamma di Anna è molto preoccupata poiché la figlia si comporta così da molti mesi anche a casa e lei non ha trovato altro modo per contenere il problema mantenendo il nutrimento con il latte serale e alcuni cibi che a giorni sporadici Anna accetta di mangiare quali le patate, la pizza, il formaggio fontina, i bastoncini di pesce…

È interessante e fa un po’ sorridere quella frase che la mamma di Anna pronuncia in realtà con tono affaticato “Anna non mi mangia!”, come se fosse lei il cibo di cui la figlia si debba nutrire e da lei dovesse trarre le energie e il sostentamento per vivere. Per quanto lodevole negli intenti, tale atteggiamento è ingannevole e rischia di trasformare il rapporto tra la madre e la figlia in una legame scorretto, fondato sulla simbiosi, in cui le due parti sono fuse e con-fuse e dove l’espressione del gusto personale è vissuto come un tradimento.

Quando mi faccio raccontare il momento del pasto a casa emergono elementi di criticità: Anna può scegliere cosa mangiare tutte le sere (la mamma cioè chiede a lei cosa vuole nel piatto e glielo cucina appositamente per poi sentirsi dire che non lo vuole più!), se non mangia può alzarsi da tavola (qui è soprattutto il papà, infastidendosi nel vederla mentre gioca con le posate, le dà velocemente il permesso di andare a giocare), le cene sono diventate estenuanti lotte tra lei e la mamma e spesso si concludono con la concessione di bere il latte nel biberon prima di andare a letto. Non è neppure da sottovalutare il confronto a cui la bambina si sente costantemente sottoposta nei confronti della sorella maggiore che al contrario di lei, mangia tutto, in abbondanza e con piacere, dando grandi soddisfazioni alla mamma che si sente più adeguata e di “funzionare meglio”…

Il papà la sgrida spesso se si sporca a tavola, se fa rovesciare per sbaglio l’acqua del bicchiere o se fa rumore con le posate: Anna ha pertanto gradualmente smesso di provare interesse verso il momento del pasto che, più di una volta, l’ha messa a disagio e in difficoltà.

La mamma ha anche riferito che si accorge che quando in casa il clima è sereno e lei si propone più distesa e allegra le cose a tavola vanno meglio, mentre quando per le ragioni più svariate in casa c’è un clima teso, il cibo per Anna diventa un grosso problema.

Ora il problema si sta generalizzando anche al Nido e alle attività di manipolazione: sembra vietato sporcarsi, proibito giocare con l’acqua e le tempere, negata l’opportunità di sperimentare materiali nuovi se questi lasciano una traccia…

Con la mamma e il papà abbiamo così iniziato ad accompagnare Anna verso un miglior rapporto con il cibo: niente latte sostitutivo della cena o merendine fuori pasto, riti commensali più stabili, possibilità di scelta di cosa avere a tavola una volta la settimana e nelle occasioni speciali, racconto della giornata da parte dei membri della famiglia durante la cena (con evidente spegnimento della televisione), atteggiamento sereno prima del pasto, possibilità di preparare il pasto insieme alla mamma, mettendo le mani nella farina o mescolando sotto stretta sorveglianza il sugo…

Per ora al Nido abbiamo visto soltanto che Anna ha assaggiato il risotto giallo e la frittata con le zucchine, ma crediamo che l’atteggiamento messo in atto sia corretto e adeguato per sostenerla in una buona educazione alimentare.

Spesso il cibo è un veicolo attraverso cui si esprimono il piacere e le difficoltà delle relazioni: poter godere di una mensa attorno alla quale siedono le persone amate, condividere con loro il cibo e i racconti quotidiani, essere incoraggiati (non costretti) a nutrirsi e quindi a prendersi cura di se stessi è una grande possibilità per diventare grandi, non solo nel corpo.

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