Lunedì: ginnastica artistica (prima lezione)
Martedì: incontro di catechesi.
Mercoledì: introduzione alla pittura.
Giovedì: ginnastica artistica (seconda lezione)
Venerdì: lezione di pianoforte.
Sabato mattina: nuoto.
Questo è l’ordinario ritmo che Martina, una bambina che frequenta la V elementare, sostiene ogni settimana. La sua mamma mi spiega che, nel tempo extra scolastico, desidera che sua figlia sia occupata in attività che spazino tra sport, musica, pittura e formazione religiosa. Ciò comporta a lei una frenetica attività in qualità di “tassista” tra palestra e piscina, parrocchia, scuola musicale e d’arte per accompagnarla nelle varie sedi; ad ogni modo la donna si dice disposta a fare tutto ciò pur di garantire alla figlia una crescita completa.
“Tuttavia la bambina a volte, nonostante l’averla accontentata in così tanti desideri di svolgere questa e quella attività con compagne ed amiche, appare nervosa e insoddisfatta” mi dice la mamma.
È evidente che Martina non abbia ancora raggiunto, a motivo della sua età immatura, la capacità di compiere delle scelte responsabili circa la gestione del suo tempo, anche quello libero. Vorrebbe fare tutto, appagando ciò che in un dato momento è un suo desiderio: le piace ballare, dipingere, suonare, stare in una squadra con i compagni, muoversi ed esprimersi…
Come negare che sia importante far fare movimento ad una bambina in crescita? Come rifiutarsi di credere che la musica sia una espressione artistica di alto valore? Come non credere che l’uso dei colori non favorisca immaginazione ed espressione della propria visione del mondo e dei propri stati emotivi? E come sottrarsi alla catechesi in una famiglia tradizionalmente cattolica? Tutto è messo sullo stesso piano, posto al medesimo livello sia di importanza sia di valore. Non essendoci una scala di priorità e non volendo rinunciare a nulla, Martina è, non solo messa nelle condizioni, ma anche stimolata, a fare tutto, a provare tutto per scoprire cosa le piace di più.
Il suo piacere immediato è evidente, ma a lungo andare la bambina ha iniziato a dare segnali di stanchezza certamente fisica, ma anche di tipo psicologico poiché sostenere così tante attività differenti in ritmi così accelerati, rende pressoché impossibile affezionarsi a ciascuna di esse, scegliendola davvero come propria area di interesse: chissà da dove ci arriva la convinzione che stare in casa qualche pomeriggio a giocare con la sorellina, fare una torta con la mamma, andare in bicicletta o con i pattini in giardino sia utilizzare male il proprio tempo libero, cioè “perdere tempo” e non crescere in modo integrale…
Martina, non dimentichiamolo, ha 10 anni: il suo tempo va ancora gestito dai suoi genitori che è bene la aiutino a riempirlo in modo opportuno, senza saturarlo al punto da non favi più “entrare uno spillo”, evitando di farla sentire tirata tra un impegno e l’altro.
Anche per Martina il “tempo libero” deve poter voler dire che in esso ci si riposa (perché il riposo non è tempo perso, ma libero da occupazioni che affaticano, è un tempo dignitoso, da custodire), ci si dà la possibilità di esprimersi senza sentirsi appesantiti, si coltivano con tranquillità le relazioni senza caricarle di una qualche forma di prestazione.
Certo è che Martina, per sua natura, è davvero molto dotata: riesce bene nello sport, i maestri di pianoforte e pittura la ritengono brava, a pallavolo gioca nella squadra tra le titolari e la catechista la vede coinvolta durante gli incontri. Cosa dire di lei? Anche a scuola i risultati non mancano…
“È davvero un peccato non farle fare tutto!” ribadisce la mamma che proprio non si arrende a tenere sua figlia a casa a “fare niente”, poiché a suo avviso il tempo va riempito per non cadere nell’inerzia.
Quello che con la mamma di Martina vorrei condividere è che un tempo è davvero libero quando non è sottoposto a valutazione e costrizione, quando è vissuto con le persone che si amano, quando è denso di significato più che di attività.
Bisogna allora arrivare a chiedersi: qual è il significato di una settimana così schizofrenica, divisa cioè tra un impegno e l’altro? È davvero libero questo tempo? Non è forse vero che Martina sta diventando un po’ schiava del suo tempo libero? Che paradosso!
Parrebbe quasi che avere una manciata di ore alla settimana da dedicare alla tranquillità di casa, a “stare senza necessariamente fare”, sia un segno di mancanza di vita.
Non vuole essere questo un elogio dell’ozio, al contrario.
Vorrebbe essere un elogio ad una sana capacità di “perdere tempo” dietro alle relazioni familiari, al gustare la libertà di un libro letto a casa, di un disegno fatto con ordinari acquarelli comprati nel negozio sotto casa e usati sul tavolino della cucina senza la valutazione di un esperto insegnante, ma sotto lo sguardo valorizzante di mamma e papà.