Scelte “scontate”

Ci sono bambini (ma non solo!) che indossano abiti e calzature… non loro!

Ve ne siete mai accorti?

Personalmente me ne sono resa conto una mattina in cui mi sono fermata nel corridoio di una Scuola dell’Infanzia e, intrattenendomi con i bambini alla presenza dei loro genitori o nonni, ho avviato una piacevole e divertente conversazione.

Mi sono seduta sulle panchine disposte vicine agli armadietti e ho sentito Tommaso (5 anni) che diceva a Matteo (4 anni e mezzo): “Le mie scarpe sono di Ben Ten!” e mostrava all’amico con orgoglio un paio di scarpe da tennis bianche e verdi su cui vi era l’immagine del personaggio in voga al momento. Matteo non si era certo tirato indietro e dal suo armadietto aveva recuperato il cappellino del sole “io ho il cappello di Spiderman!”. La faccenda mi ha molto incuriosita e ho iniziato a fare domande: “Ma la vostra mamma e il vostro papà non hanno i soldini per comprarvi scarpe e cappello?” I due mi guardavano senza capire. “Avete dovuto farvi prestare le scarpe da Ben Ten e il cappello da Spiderman? Non li avevate vostri?”. “Ma sono nostri!” aveva risposto con foga Tommaso. “Avevo capito che erano di Ben Ten e di Spiderman…”. “No, sono nostri!” “Ah, allora c’è solo il disegno di Ben Ten e di Spiderman, giusto?” “Giusto” dice Matteo, un po’ frastornato… A quel punto anche io ho mostrato le mie scarpe “Ecco: le mie sono marroni e hanno una fibbia di metallo”. Poi mi sono girata verso altri bambini appena sopraggiunti, chiedendo di descrivere le proprie scarpe. Qualcuno ancora cadeva nel tranello: “Le mie sono delle Winx”, ma ormai Tommaso e Matteo avevano scoperto l’inganno e anche loro scherzavano: “Non sono delle Winx! Sono tue! Però hanno il disegno delle Winx!” E chiedevano una descrizione più accurata: “Sono gialle, hanno le stringhe, sono il numero 32… “

Quel giorno in sezione non hanno fatto altro che parlare, disegnare e costruire con il cartone numerose paia di scarpe!

La riflessione adulta porta a contenuti legati alla gestione delle cose, al loro utilizzo, all’identificazione in esse, al valore simbolico ed economico ad esse assegnato…

Ci sono bambini (e di nuovo devo dire ma non solo!) che avendo poche risorse e competenze relazionali utilizzano gli oggetti per raccontare di sé, per entrare in contatto con gli altri, per “esserci”. Sono bambini i cui genitori li hanno abituati a presentarsi a scuola vestiti all’ultima moda, con indumenti comprati perché visti alla televisione o indosso all’amico/a, sono quelli che prima di salutare ti chiedono di porre attenzione all’oggetto che indossano per ricevere un complimento…

Mio nipote Michele (5 anni tra qualche giorno) spesso chiede alla sua mamma che gli propone un vestito nuovo: “Di chi era prima?” ad indicare la consapevolezza che quel vestito è già stato indossato dal fratello maggiore o dal cuginetto o da un amico più grande. E la cosa va bene così! È una linea di continuità che aiuta i bambini a comprendere il buon uso delle cose e il loro valore; nulla di male se la maglietta propone un personaggio in voga ben 3 anni prima (!) o i pantaloni sono di un colore che denuncia tanti lavaggi!

Come altrimenti sottrarsi alle urla insistenti dei bambini che, entrando in un negozio, vogliono assolutamente acquistare qualcosa, spesso peraltro del tutto superfluo o inadeguato alla loro età? Come far comprendere che il denaro è frutto del lavoro e che, pertanto, va rispettato e di esso bisogna far uso in modo responsabile ed equo? Certo una spiegazione verbale è un ottimo canale, soprattutto dopo i 3 anni; ma nulla è più efficace che la prassi quotidiana di un adeguato utilizzo dei soldi, mostrando che ciò che viene acquistato al supermercato o i servizi richiesti hanno un costo. Per i bambini il denaro altro non è che un oggetto che, esaurito, si può riavere andando al bancomat o chiedendolo a qualcuno… Ma chi già abita il mondo adulto ha il compito di avvicinare gradualmente (e magari con il gioco) i piccoli alla corretta comprensione del valore del denaro, soppesando le scelte del bilancio familiare e avendo il coraggio (un po’ controcorrente nella mentalità ma non certo nella necessità di questo tempo) di “consumare” quanto acquistato e non di gettarlo prima che di esso si siano sfruttare tutte le potenzialità.

Come negare che agli adolescenti non servano affatto cellulari super tecnologici che hanno funzioni da manager internazionale o computer ultimo modello da cambiare ad ogni ciclo scolastico? Così come non riflettere sul fatto che ai ragazzi neo patentati non servono macchine da urlo la cui velocità è più un pericolo che una necessità?

Come appare altrettanto evidente che per nessuno di noi sia indispensabile il televisore ultrapiatto che permette la visione di un numero pressoché illimitato di canali i cui programmi mai sono stati tanto costosi quanto “scontati”…

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