Da qualche settimana ormai le scuole hanno ricominciato la loro attività educativa ed è così che, nel corridoio della nuova scuola dell’Infanzia presso cui lavoro, per la prima volta si è affacciata Veronica: ha 5 anni e non ha mai frequentato la scuola perché, ci raccontano i genitori, è affetta da una grave forma epilettica che i farmaci non sono ancora riusciti a tenere sotto controllo.
Veronica ha lunghi capelli neri e un viso sorridente, si guarda attorno curiosa e per nulla intimorita sebbene non lasci neppure per un istante la mano della mamma che la accompagna verso la sua classe, quella dei rossi.
La maestra la accoglie serenamente e la mattinata scorre senza intoppi.
Ma facciamo qualche passo indietro…
È prassi che ogni nuovo inserimento venga preceduto da un colloquio tra la maestra e i genitori: anche la mamma e il papà di Veronica si sono presentati all’appuntamento e lo hanno fatto muniti di una corposa cartelletta al cui interno avevano negli anni raccolti gli esiti degli esami, delle visite, le ricette dei farmaci, le procedure da attuare in caso di necessità a scuola…
La prima parte dell’incontro ha visto i due genitori impegnati a sfogliare queste carte mostrandole all’insegnante e descrivendole nei dettagli la malattia della figlia; tuttavia ad un certo punto la maestra ha ritenuto opportuno spostare l’attenzione sulla bambina nel suo complesso e ha iniziato a porre domande su aspetti che i genitori avevano fino a quel momento ignorato: ha voluto sapere del suo grado di autonomia, della sua capacità di relazionarsi con i coetanei e con adulti non familiari, ha chiesto cosa ama mangiare e come a casa la si riesca a consolare nel caso in cui abbia momenti di nostalgia.
La maestra dà così un chiaro segnale: non intende trattare Veronica per la sua malattia, dal momento che ha ben in testa che la bambina non coincide con essa.
Veronica è molto di più.
Il colloquio si trasforma così in un racconto meraviglioso da parte dei genitori che trovano nella Scuola un luogo di accoglienza a 360°: loro lo sanno bene che Veronica è figlia, è sorella, è amica… e che l’etichetta “malata” è decisamente riduttiva e non esprime pienamente chi sia la loro ultimogenita.
Tuttavia confessano con sincerità che a volte la paura che la malattia prenda il sopravvento, la fatica quotidiana di non poter avere il controllo sul corpo della figlia, la sensazione di incertezza e precarietà fanno sì che la vita di tutta la famiglia sia fortemente influenzata dallo stato di salute di Veronica.
La sua malattia condiziona così pesantemente la vita anche degli altri due figli più grandi che le ripercussioni non hanno tardato a farsi sentire: il maggiore ha iniziato a faticare a Scuola e necessita di una costante supervisione nei compiti e nello studio, il secondogenito appare svogliato e disinteressato a tutto.
Veronica sembra aver assorbito completamente le energie dei genitori: senza volerlo la sua malattia ha fatto sì che si legassero a lei in modo distorto tanto da perdere di vista le esigenze dei altri figli e oso dire, addirittura quelle della stessa Veronica…
Il suo bisogno di relazionarsi con gli altri bambini, di frequentare un ambiente a sua misura, di fare i conti sul piano emotivo con la frustrazione di non essere sempre la prima, di dover attendere, di non farcela, e anche di sperimentare l’entusiasmo per un successo, di condividere un gioco…
Nell’arco di questo anno l’impegno della Scuola dell’Infanzia, coinvolgendo tutte le figure che in essa lavorano e crescono, (dalla dirigente alle insegnanti, dai bambini alle loro famiglie) è bene che si orienti per far sperimentare alla famiglia di Veronica un mondo “normodotato”, dentro il quale si può ritrovare e sviluppare uno sguardo più sereno e autentico anche verso la malattia.
Con gradualità costante è necessario che di questa malattia si impari a non aver più paura e a maturare verso di essa rispetto, si riesca a non innalzarla ad idolo a cui immolarsi bensì ad abbassarsi verso di essa avendone cura, la si consideri una delle caratteristiche di Veronica, certo un suo punto di fragilità, ma affiancata a tanti suoi punti di forza.
L’avventura della Scuola dell’Infanzia potrebbe rivelarsi così utile non solo per la piccola di casa, ma per l’intero nucleo familiare che attraverso questo percorso di crescita avrebbe modo di rivedere gli equilibri interni e crescere avendo maggior fiducia nei confronti della figlia, lasciandole degli spazi di autonomia per sperimentarsi, senza certo dimenticare la sua malattia, ma sapendo andare “oltre”, scoprendo che dietro la malattia c’è una fisiologica spinta e volontà di normalità.