In questi ultimi mesi ho conosciuto due ragazze adolescenti che, senza conoscersi, stanno facendo un’esperienza molto simile. Entrambe, infatti, vivono una relazione affettiva con un coetaneo che abita molto lontano da loro, che frequentano quasi esclusivamente durante le vacanze dalla scuola e con il quale comunicano quotidianamente attraverso cellulare e internet.
Entrambe si trovano a dover lottare contro il volere delle madri che si oppongono a tale loro affetto.
La madre di Katrin ritiene che il ragazzo di cui la figlia si è innamorata sia “malato, con dei problemi grossi a livello affettivo, di carattere così forte da schiacciare e abbindolare mia figlia”. Il ragazzo di Silvia, invece, è ritenuto da sua madre “un poco di buono, coinvolto in giri di malavita, non ha continuato gli studi, è sempre in giro con il motorino”.
Katrin compirà i suoi 18 anni tra qualche mese e ha deciso che il giorno dopo tale data se ne andrà di casa per andare a vivere con il suo ragazzo. Sta regolarmente frequentando un liceo con ottimi risultati, non ama ritrovarsi in luoghi affollati quali le discoteche e preferisce stare in casa con le amiche, guardare un film o andare a mangiarsi una pizza. Veste alla moda, un po’ trasandata, con i pantaloni a vita bassa e maglioni ampi, una borsa equosolidale a tracolla. Ha un sorriso aperto e mi parla con serenità. Mi dice che tra le due, l’adolescente è sua madre, che sta tutto il giorno al cellulare con le amiche, che va a ballare almeno un paio di volte la settimana e la invita a fare altrettanto, senza rendersi conto che lei ha la scuola e di media si sveglia tutti i giorni alle 5 e mezza…
Sono a dir poco imbarazzata. Katrin chiarisce di non desiderare come modello una simile donna. Il giudizio negativo che Katrin ha della madre le impedisce di ascoltare le motivazioni che inducono il genitore a tentare di dissuaderla dal trasferirsi; il giudizio negativo cha la madre ha del ragazzo di Katrin impedisce a quest’ultima di parlargliene. Katrin ritiene infatti che la madre abbia un’idea che non cambierà mai e che, nonostante le dica che tra loro non ci devono essere segreti, in realtà non sia affatto interessata alla sua vita, alle sue scelte, ai suoi progetti, ma sia tutta concentrata nel trovare un colpevole alla situazione che non riesce più a gestire. “Non so perché mia mamma mi chieda di parlare se poi non mi ascolta!”
So bene che quella raccontata da Katrin è la sua versione dei fatti, che è una verità letta e interpretata da una prospettiva del tutto personale e soggettiva. Non posso comunque non tenerne conto…
Silvia è una ragazza alta, occhi scuri e capelli lunghi e mori, armoniosa nei movimenti, anche lei vestita alla moda, di quella moda che rende le ragazze di 17 anni già con le sembianze di donne… È un fiume in piena quando racconta degli ultimi avvenimenti della sua famiglia e della decisione della madre di non andare al Sud durante le vacanze invernali per impedirle di incontrare quello che ha scoperto essere il suo ragazzo. Silvia è triste perché non potrà rivedere il suo ragazzo e perché sente che la madre ha perso completamente la fiducia in lei, la tiene sotto controllo per ogni cosa, la rimprovera per piccolezze… Sono 3 settimane che la madre non le rivolge la parola e lei sta molto male. Dice che non riesce a pensare di non poter più parlare con la madre, ma che l’atteggiamento di chiusura e pregiudizio non permette di migliorare la situazione in casa. Lei vorrebbe che la madre incontrasse almeno una volta il ragazzo di cui lei è innamorata, che gli parlasse, ma “mia mamma da questo punto di vista proprio non ci sente”.
La madre di Silvia: loquace e intraprendente, socievole e molto giovanile.
La madre di Katrin: austera, di poche ma chiare parole, di morale rigida e di carattere chiuso.
Due donne che potrebbero abitare agli antipodi dell’essere madre. Tuttavia c’è in loro un comportamento comune verso le rispettive figlie: hanno smesso di ascoltarle proprio nel momento in cui ne avevano più bisogno, quando hanno iniziato a portare delle situazioni “critiche”. Immagino che, facendo fatica a gestire tali situazioni, abbiano indugiato nel dubbio, si siano sbilanciate nella critica per chiudere il rapporto con la valutazione e il giudizio.
È bene ricordare che ascoltare comporta la capacità di vestire i panni dell’altro, osservare per un breve tempo la realtà con i suoi occhi. Pur non avendo come obiettivo la ricerca di chi ha torto e di chi ha ragione, un ascolto autentico è la premessa indispensabile per la soluzione creativa dei conflitti… Questo avviene perché l’altro si sente accolto, riconosce che le sue parole hanno un senso per chi lo ascolta e che questi sta facendo di tutto per comprendere la ragionevolezza del suo punto di vista.
È accettare di mettere temporaneamente tra parentesi le proprie idee e i propri usuali modi di pensare, per aprirsi all’inaspettato.
Auguro a queste due figlie e a queste due madri di darsi la possibilità di cambiare, di abbassare le difese e di superare i pregiudizi, anche se questo significa vivere per qualche tempo nell’incertezza.
Perché ascoltare è davvero la premessa di ogni relazione profonda.
Stefania Cagliani